Sono brutta, faccio schifo, o mamma mia! E chi mi si prenderà mai.
Queste sono mediamente le frasi che ripete chi non si piace nemmeno un po; persone con bassa autostima che quotidianamente si denigrano.
La bassa autostima in un certo target di persone, si associa alla dismorfofobia, ovverosia la pura della propria bruttezza, un disturbo coniato nel 1891, dal medico italiano Morselli.
Difatti l’angoscia per il proprio aspetto fisico diviene uno schema ossessivo-compulsivo di cui la persona non riesce a sbarazzarsi.
Ore ed ore a specchiarsi per trovarsi difetti minuscoli oppure inesistenti, rimuginare su quella risatina per strada che abbiamo associato come diretta a noi.
Spesso chi soffre di questo disturbo alza una difesa verso un proprio cambiamento psicologico, in quanto non ritiene infondata la propria idea di essere inguardabile, non è raro che queste persone invece di andare in terapia vadano da un chirurgo plastico che però, ahimè, non migliora la sua condizione emotiva ma la peggiora.
Questo non amarsi di conseguenza si riverbera sull’autostima della persona, con comportamenti di vita autosvalutanti e scelte di campo non propositive.
Per questo motivo una terapia mirata dovrà lavorare su entrambe le problematiche, sia quelle legate all’autostima che quelle legate alla maggior accettazione della propria immagine corporea.
Con un minimo di 20 sedute la persona riesce ad apprezzarsi di più, interagire meglio con il prossimo, fare scelte funzionali per la propria esistenza.
Non ti piaci? Non ti apprezzi?
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