Timidezza gli Studi di Zimbardo e kagan

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La Timidezza è normale? Gli studi di Zimbardo.

Nel 1972 Philip Zimbardo (psicologo statunitense) con altri colleghi, presso lo Stanford Shynees Survey intervistò diecimila persone e il 40% dei soggetti intervistati, si definì timido. Alla domanda, se si fossero mai considerati timidi, l’80% rispose di sì, il 17% di considerarsi timidi solamente in certe situazioni, l’1% di non aver mai provato timidezza.
Zimbardo studiò la timidezza in altre culture, scoprì che a paragone degli Americani, tra Giapponesi e i Taiwanesi esisteva una percentuale maggiore di persone timide (il 60% della popolazione complessiva) Israele con il 30% della popolazione totale aveva la percentuale minore. E in nessuna cultura la percentuale delle persone che si definiva come mai timida, superava il 10%.
Zimbardo e collaboratori per definire il termine vago di “timidezza”, con maggior specificità, hanno fornito un’ulteriore scansione analitica delle componenti fondamentali della timidezza nelle quattro sfere dell’esperienza soggettiva.
• Cognizione. I pensieri, la percezione dell’insicurezza di sé, le preoccupazioni sull’impressione che diamo agli altri, il timore del giudizio altrui negativo.
• Stati affettivi: Consapevolezza, dell’ansia, imbarazzo, ecc.
• Alterazioni fisiologiche: Polso accelerato, rossore, sudorazione, respiro affannoso.
• Reazioni comportamentali: Tra i maschi scarsa loquacità e raro contatto oculare, tra le femmine, il frequente annuire con il capo e il contatto nervoso.
Oltre a descrivere l’esperienza soggettiva della timidezza, Zimbardo e il suo gruppo hanno analizzato le conseguenze negative descritte dalle persone intervistate per la ricerca. Secondo i loro risultati, essa crea problemi sociali, relazionali, perché rende difficile la socializzazione. La timidezza, impedisce alle persone di esprimere il proprio parere, di farsi avanti nella vita, spesso è associata a emozioni negative, come l’isolamento, la tristezza e può sfociare in una vera e propria depressione. Zimbardo cita diversi intervistati sugli 80 anni, in cui il più grande desiderio è “godere di una giornata senza timidezza prima di morire”.
Per Zimbardo, la timidezza non è uno stato normale, ma uno stato psicologico influente che “può avere un effetto profondo, su molti aspetti della vita di una persona”, e un grave problema personale di vaste proporzioni.

Gli studi di kagan sui bambini

Jerome kagan, uno psicologo dell’università di Harvard ha compiuto alcuni studi sull’inibizione sociale, kagan e collaboratori hanno osservato un campione di 400 bambini, tra i 2 e i 3 anni.
Dopo aver separato in categorie distinte in due estremi di comportamento, hanno definito disinibita la categoria dei bambini più disinvolta e inibita quella dei bambini meno disinvolti e più spaventati.
Kagan filmò i bambini dei due gruppi, sia in ambienti familiari che non familiari, i bambini inibiti, di fronte alla presenza di un estraneo andavano subito dalla mamma, diventavano calmi per alcuni minuti, poi si avvicinavano lentamente all’estraneo.
I bambini disinibiti sorridevano all’estraneo e gli andavano subito vicino.
Dopo averli continuati a osservare kagan e collaboratori, hanno fatto le seguenti scoperte:
• Tra i 21 e 31 mesi i bambini disinibiti, giocavano sia con i bambini che con gli adulti estranei, mentre i bambini inibiti, mostravano segni di ritrosia e attaccamento alla madre.
• A 3 anni i bambini disinibiti continuavano a essere sociali con gli estranei, quelli inibiti mostravano segni di ansia verso l’estraneo.
• Tra i 4 e 6 anni i bambini disinibiti rimanevano tali, quelli inibiti mostravano angoscia.
• A cinque anni e mezzo, il 78% dei bambini inibiti rimanevano tali.
• A sette anni e mezzo il 75% era ancora inibito davanti ad un estraneo.
• Durante tutti i 6 anni dello studio i bambini inibiti, hanno mostrato; tachicardia, tensione motoria, sintomi tipici dello stress.
• I bambini con gli occhi azzurri tendevano ed essere più timidi, di quelli con gli occhi castani e questo porta a ipotizzare una causa genetica sul disagio sociale.

Per kagan i bambini timidi, nascono con un sistema nervoso più sensibile ai cambiamenti ambientali, per le alterazioni fisiologiche. Kagan era convinto, che rispetto ai bambini disinibiti, quelli inibiti avessero una soglia più bassa di eccitabilità del sistema limbico (emozioni). Verso i sette anni e mezzo, le differenze di alterazione fisiologica tra bambini inibiti e disinibiti si attenuavano, per Kagan ciò dimostrerebbe che l’inibizione sociale è in parte ereditaria, ma poi viene modulata dai rapporti sociali.
Anche altri studi sui gemelli dimostrano che la timidezza possiede un certo grado di trasmissibilità genetica.
Anche se non possiamo affermare con certezza che l’inibizione sociale sia genetica, possiamo però affermare che l’ereditarietà e l’ambiente giocano un ruolo fondamentale.

Dalla timidezza alla fobia sociale

Una timidezza trascurata può svilupparsi in una fobia sociale, o in un disturbo ancora più grave; come il “disturbo evitante di personalità”.

Ruolo genitori

Fondamentale per lo sviluppo di un bambino sicuro di sé, è che la famiglia gli mandi messaggi congruenti, rispetti e sviluppi le peculiarità e risorse del bambino, gli mandi messaggi propositivi, che lo spingano alle esperienze con i coetanei, come il fare sport, lavori di gruppo, gite, ecc.
Se la timidezza persiste e il bambino non vuole andare a scuola, è importante rivolgersi ad uno psicologo.

 

Contatti: Giovanna d’Arco Onlus, numero verde 800 96 02 37